Reddito di Cittadinanza, la relazione del Comitato Scientifico è una sostanziale bocciatura: risultati non adeguati alle risorse impiegate

Il Comitato Scientifico incaricato ai sensi della legge n. 26 del 28 marzo 2019 per la valutazione degli esiti del Reddito di cittadinanza (RdC) e della Pensione di Cittadinanza (PdC) e confermato per tale scopo dalla legge di riforma n. 85/2023 ha pubblicato la relazione relativa alla valutazione e il Rapporto di Monitoraggio dell’impatto delle prestazioni, per l’intero periodo di vigenza del provvedimento (primo aprile 2019-31 dicembre 2023) che precede l’avvio della riforma entrata a regime dal primo gennaio 2024 con l’introduzione dell’Assegno di inclusione.

La Relazione è stata effettuata tenendo conto delle indicazioni della Raccomandazione del Consiglio Europeo del 30 gennaio 2023 “relativa a un adeguato reddito minimo che garantisca l’inclusione attiva” con l’utilizzo di  diverse fonti statistiche (Istat, Euromod, Inps, Anpal, Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali), illustrate nel Rapporto di Monitoraggio, che hanno consentito di valutare l’impatto dei sussidi e delle misure di politica attiva del lavoro e per l’inclusione sociale sulla platea delle famiglie e delle persone in condizioni di povertà assoluta e per i beneficiari delle prestazioni.


I risultati della valutazione

Sulla base dei dati forniti dall’Osservatorio Statistico dell’Inps hanno percepito il sussidio di integrazione al reddito nel periodo di vigenza (aprile 2019-dicembre 2023), per almeno una mensilità, circa 2,4 milioni di nuclei familiari e 5,3 milioni di persone. Il numero medio delle mensilità percepite è di 26,4 per il RdC e di 32 per il PdC.

Circa un terzo dei beneficiari ha percepito il sussidio per l’intero periodo. L’importo della spesa pubblica impegnata è superiore ai 34 miliardi di euro.

Nelle indagini effettuate dall’Istat, la quota delle famiglie in condizioni di povertà assoluta che hanno beneficiato delle prestazioni di sostegno al reddito raggiunge il massimo del 38% nel corso del 2021 (32,3% nel 2022), per una quota equivalente al 58,7% dei beneficiari delle misure (53,4% nel 2022). Queste stime evidenziano la mancata partecipazione di un rilevante numero di famiglie povere, che deriva in parte dai criteri normativi per la selezione dei potenziali beneficiari e di una quota dei percettori (il 46,6 nel 2022), che non riscontrano le condizioni di povertà sulla base dei criteri utilizzati dall’Istat. Tra i motivi, probabilmente, le caratteristiche delle persone che risultano occupate negli ambiti professionali e nei settori che registrano tassi di irregolarità superiori di 3 volte alla media e con rapporti di lavoro di breve durata.

Le stime effettuate dall’Euromod confermano che l’Italia è tra i Paesi che prevedono un elevato importo dell’integrazione al reddito in relazione alla soglia di povertà ma con livelli di copertura del numero delle persone povere inferiori alla media europea.

La partecipazione risulta superiore alla media per i residenti nelle regioni del Sud e delle Isole, per i nuclei composti da una persona sola o esclusivamente da adulti, per le famiglie di soli italiani, per i nuclei residenti in affitto. Al di sotto della media sono quelli residenti nelle regioni del Nord, le persone over 64 anni sole e le coppie di anziani, le famiglie con due o più figli a carico, i nuclei con almeno uno straniero, le famiglie con abitazione in proprietà. Concorrono a questo risultato i criteri previsti dalla legge istitutiva per la selezione dei beneficiari: i requisiti di reddito e di patrimonio che possono comportare l’esclusione di una parte dei poveri stimati dall’Istat.

L’efficacia del Reddito di cittadinanza sulla platea dei bassi redditi è risultata più elevata nel corso della pandemia Covid (2020-2021) e ha consentito la fuoriuscita di circa 450 mila famiglie dalla condizione di povertà (circa 300mila nel 2022). Metà della spesa erogata nel biennio, circa 8,3 miliardi di euro ha contribuito a ridurre dell’0,8% l’indice delle disuguaglianze e dell’1,8% il rischio di povertà, insieme alle altre misure erogate dallo Stato a favore dei bassi redditi, in particolare dell’Assegno Unico Universale.

Gli effetti della ripresa dell’economia e dell’occupazione hanno favorito la riduzione delle domande accolte dal 1,772 milioni del 2021 a 1,362 milioni del 2023. La decrescita delle domande, motivata in particolare dall’aumento dell’occupazione risulta accompagnata dalla riduzione del valore medio dell’Isee dei nuclei familiari, da 1800 euro del 2019 a 550 euro nel 2022 e da un aumento del valore medio delle integrazioni al reddito mensili, da 480 euro a 540 euro. Nelle indagini dell’Istat l’impatto sulle persone e sui nuclei familiari in condizioni di povertà assoluta risulta limitato per le conseguenze della elevata crescita dei prezzi di gran lunga superiore all’incremento dei redditi nominali.

Nei primi 3 anni di gestione le misure di politica attiva per il lavoro e per l’inclusione sociale risultano limitate dalla debolezza dei servizi dedicati allo scopo e per l’interruzione delle attività intervenuta nel corso della pandemia da Covid-19. A partire dalla seconda parte del 2021 aumentano le prese in carico delle persone e dei nuclei familiari. Allo stato attuale non si registrano effettivi riscontri sull’entità delle misure adottate, sulla loro efficacia e sull’attuazione delle condizionalità previste dalle norme e delle sanzioni relative alla mancata adesione dei beneficiari.


Le raccomandazioni

Alla luce delle valutazioni dei dati forniti dalle indagini statistiche e dal monitoraggio delle misure, il Comitato scientifico (segnalando l’opportunità di approfondire le caratteristiche della mancata partecipazione di una quota significativa delle persone povere alle misure) ha ritenuto di fornire alle Autorità coinvolte nella gestione delle misure una serie di raccomandazioni che possono risultare utili anche per valutare l’impatto delle misure (Assegno di inclusione e Supporto alla formazione e al lavoro):

  • L’opportunità di aggiornare le soglie Isee per la partecipazione alle nuove misure, in particolare la soglia del reddito annuale di 6mila euro, aumentato dalla scala di equivalenza sulla base dei carichi familiari, tenendo conto dell’impatto dell’inflazione avvenuto negli anni recenti
  • Inoltre, il sussidio erogato a livello nazionale  dovrebbe essere considerato come un livello minimo della prestazione da integrare con misure personalizzate e con programmi di potenziamento dei servizi che tengano conto delle caratteristiche dei nuclei familiari e del territorio di appartenenza, predisponendo dei pacchetti nazionali di misure facilmente accessibili e da erogare sulla base dei fabbisogni che possono emergere dalla valutazione multidimensionale dei nuclei familiari (sanitaria, assistenziale, abitativa, lavorativa)
  • La promozione da parte delle Istituzioni locali di attività di auditing e di coinvolgimento degli attori privato sociali e del terzo settore per valutare le iniziative che possono concorrere a migliorare i livelli di partecipazione alle misure e la promozione di servizi adeguati con il concorso di più attori
  • Potenziare le politiche attive del lavoro con il concorso delle Agenzie per il lavoro e di aumentare la cumulabilità tra l’indennità di sostegno al reddito e i salari percepiti dalle prestazioni lavorative, anche per incentivare il tasso di impiego dei lavoratori sottoccupati e per contrastare il lavoro sommerso
  • Finalizzare prioritariamente i Progetti Utili per la Collettività (PUC) alle persone in età di lavoro che presentano particolari disagi di natura lavorativa e sociale coinvolgendo per lo scopo anche le Organizzazione del terzo settore
  • Rafforzare le piattaforme nazionali finalizzate a condividere le informazioni relative all’attivazione delle misure e alle prestazioni economiche erogate dalle Istituzioni competenti per migliorare l’efficacia delle misure, la razionalizzazione della spesa e il sistema dei controlli preventivi.

Il commento

“L’introduzione del Reddito di cittadinanza ha consentito un significativo aumento del tasso di partecipazione rispetto al precedente Reddito di inclusione. Complessivamente però, il rapporto tra la spesa impegnata e i risultati ottenuti in termini di riduzione del numero delle persone povere e di efficacia delle misure di politica attiva del lavoro e per l’inclusione sociale, non sono soddisfacenti” ha affermato il Presidente del Comitato Scientifico per la valutazione del Reddito di cittadinanza, Natale Forlani.

“La valutazione finale del RdC può essere suddivisa nelle tre fasi che hanno caratterizzato la gestione del provvedimento: quella di avvio delle prestazioni in assenza di una adeguata dotazione di strumenti di controllo e di servizi per le politiche attive, il biennio della pandemia da Covid-19 e il contributo offerto al contenimento della povertà unitamente alle altre misure di sostegno ai redditi varate dalle Istituzioni, la ripresa dell’economia e dell’occupazione che ha consentito una consistente riduzione delle domande ma che è coincisa con un forte aumento dell’inflazione. Le nuove misure introdotte dalla riforma, l’Assegno di inclusione e il Supporto per la formazione e il lavoro consentono di rimediare alcune criticità del Reddito di cittadinanza e di rafforzare il ruolo delle politiche attive nel contesto di una forte crescita dell’occupazione, ma dovranno essere valutate anche per l’efficacia della riduzione della povertà. In tal senso, il Comitato Scientifico ha formulato alcune Raccomandazioni per le istituzioni preposte, a partire dall’esigenza di adeguare la soglia del reddito Isee per la partecipazione alle misure tenendo conto del tasso di inflazione registrato negli anni recenti”.


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