Saluto romano in memoria di Ramelli, tutti assolti

Nel contesto di una delle vicende giudiziarie che ha destato considerevole dibattito in Italia, la Corte di Appello di Milano ha assolto un gruppo di imputati, stabilendo che “il fatto non sussiste”.

Questo verdetto è scaturito a seguito di una nuova istruzione del processo ordinata dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione. Il caso riguarda il gesto del saluto romano, compiuto nel 2016 durante una cerimonia commemorativa in onore di Sergio Ramelli. Questo gesto era stato considerato potenzialmente in violazione della Legge Scelba, una normativa italiana che vieta la ricostituzione del partito fascista, e dunque inizialmente considerato prescritto.

Tuttavia, la Corte di Appello ha optato per una sentenza più favorevole nel merito, assolvendo tutti gli accusati. La notizia è stata divulgata da tre organizzazioni militanti coinvolte nel caso: CasaPound, Lealtà-Azione e Rete dei Patrioti. Questi gruppi hanno sottolineato che, indipendentemente dal verdetto giudiziario, avrebbero comunque continuato il loro impegno nel ricordare e celebrare le vite di giovani come Ramelli, uccisi in situazioni che spesso non hanno ancora ricevuto giustizia. Essi sperano che questa assoluzione possa finalmente ridurre l’attenzione giudiziaria e le speculazioni politiche intorno a tali commemorazioni.

La decisione delle Sezioni Unite della Cassazione, che ha portato al nuovo processo d’appello, si era basata su una interpretazione dell’articolo 5 della Legge Scelba, riguardante l’apologia del fascismo.

In particolare, la Cassazione aveva sostenuto che il saluto romano, effettuato durante un’assemblea pubblica, potesse configurare un reato qualora potesse rappresentare un concreto pericolo di riorganizzazione del partito fascista disciolto.

Questo pronunciamento aveva quindi evidenziato la necessità di esaminare le circostanze specifiche del caso per determinare se il comportamento in questione fosse effettivamente perseguibile. La sentenza di assoluzione ha quindi posto fine, almeno per il momento, a una lunga serie di procedimenti che vedevano coinvolti i militanti di estrema destra, segnando un importante precedente nel trattamento giudiziario di episodi simili in futuro.

Le leggi italiane prevedono severi provvedimenti contro comportamenti che possono costituire delitti di pericolo presunto, una categoria di reati prevenuti attraverso la tutela contro il rischio di atti più gravi. In particolare, l’articolo 2, comma 1, della legge Mancino sancisce che qualsiasi atto espressione di incitamento alla discriminazione o alla violenza, associato a organizzazioni che si propongono finalità razziste, etniche, nazionali o religiose, può essere perseguito penalmente. L’interpretazione di tale articolo richiede un’attenta analisi del contesto in cui l’azione si verifica, valutando se essa è collegata agli obiettivi di gruppi illeciti. Proseguendo, l’articolo 5 della legge n.645 del 1952, meglio conosciuta come Legge Scelba, specifica le sanzioni per chi, nel corso di pubbliche riunioni, esprime per mezzo di manifestazioni la simbologia fascista o nazista. Tale articolo prevede pene severissime, tra cui la reclusione fino a tre anni e una considerevole multa. Questo intervento legislativo è stato messo in atto per mantenere viva la memoria dell’importanza della democrazia e prevenire la rinascita di ideologie estremiste che hanno segnato negativamente la storia del XX secolo.

Inoltre, la legge conferisce al giudice il potere di escludere i condannati dall’esercizio di certi diritti civili per un periodo determinato. Nel caso in esame, gli imputati, inizialmente assolti nel 2020 per mancanza del cosiddetto “elemento soggettivo” — vale a dire del nesso tra l’azione compiuta e l’intenzione criminosa necessaria alla condanna — sono stati successivamente condannati nel 2022. Questo avvenimento evidenzia come il processo di appello possa modificare le decisioni prese in primo grado, una prerogativa del sistema giudiziario italiano che offre ulteriori gradi di giudizio per più completa valutazione delle prove.

Una volta che la questione è giunta in Cassazione, i giudici della prima sezione penale hanno ritenuto opportuno coinvolgere le Sezioni Unite, un organo interno alla Corte che si occupa di risolvere contrasti giurisprudenziali o questioni di massima importanza, per ottenere una decisione finale che sarà esemplare per casi simili futuri.