«Siamo un unico clero che lavora per un’unica Chiesa. Si dice che voi sareste i collaboratori del Vescovo, in realtà mi rendo conto che fate molto di più e molto meglio che collaborare con me. Svolgete un ministero ammirevole e io desidero essere un servo della comunione di un presbiterio così capace di lavorare e creativo»: così l’Arcivescovo, mons. Mario Delpini, ha accolto i sacerdoti presenti alla Messa crismale, celebrata questa mattina in Duomo.
Secondo la tradizione cattolica, nella Messa crismale i presbiteri rinnovano le promesse fatte nel giorno della loro ordinazione sacerdotale, mentre il vescovo consacra gli olii santi – il crisma, l’olio dei catecumeni e l’olio degli infermi – che verranno usati durante l’anno per amministrare alcuni sacramenti (battesimo, cresima, ordine, unzione degli infermi).
Alla Messa crismale in Duomo, la prima dopo due anni di restrizioni a causa della pandemia, erano presenti diverse centinaia di sacerdoti: la maggior parte appartenenti al clero ambrosiano, ma anche preti di ordini e istituti religiosi che prestano servizio in Diocesi, nonché sacerdoti che arrivano da altre diocesi italiane e da altre nazioni, che nella Settimana santa prestano servizio nelle parrocchie.
Rivolgendosi a tutti loro l’Arcivescovo ha sottolineato: «Vedere qui anche tanti preti che vengono da altri Paesi – ad esempio dall’Ucraina e dalla Russia, dal Libano e dall’Arabia, dall’Africa e dall’Asia – ci rende consapevoli di una particolare responsabilità che abbiamo in questo mondo in cui ci sono tanti segni di disgregazione, di contrapposizione, di guerra. Abbiamo la responsabilità di essere una profezia di fraternità. Diamo testimonianza di quella comunione che lo Spirito di Dio può creare su queste terre per renderla un luogo di fratelli, fratelli tutti».
Nell’omelia l’Arcivescovo ha riflettuto sul servizio di cura spirituale e di accompagnamento che i sacerdoti sono chiamati a offrire nei confronti dell’umanità malata, un’umanità – ha detto mons. Delpini in un passaggio della sua riflessione – «che non riconosce che una insidia più pericolosa di ogni virus sta divorando l’anima: accumulano denaro impoverendo i poveri, conquistano terre distruggendo popoli e cultura con guerre disastrose. E non s’avvedono che sono malati di una malattia mortale». Ma, ha proseguito, ci sono anche «uomini e donne dell’umanità malata che cercano la salute, ma ancor più cercano la salvezza, chiedono ai presbiteri la presenza amica e la preghiera fiduciosa e chiedono l’unzione nel nome del Signore. Uomini e donne che cercano voi, presbiteri della Chiesa. Vi hanno chiamato e voi siete andati: siate benedetti, fratelli!».
Al termine della Messa il Vicario generale della Diocesi, mons. Agnesi, ha detto: « Giovedì 2 giugno tra le 17.30 alle 19 a Rho desideriamo invitare tutti i volontari che in questi ultimi due anni di pandemia si sono occupati del servizio di accoglienza nelle nostre comunità per un ringraziamento sentito del lavoro fatto: sono stati capaci di tradurre con gentilezza i rigidi protocolli imposti dalla situazione sanitaria. Sarà un’occasione per pregare insieme con un rosario, la speranza è anche di aprire un dialogo per continuare ad accogliere i fedeli in chiesa con lo stesso spirito di questi mesi».
In conclusione, l’Arcivescovo ha aggiunto:« Auguro a tutti giorni lieti e santi. Vi raccomando di pregare per la pace. Siamo angosciati per la guerra in Ucraina, ma non dobbiamo dimenticare anche gli altri conflitti, altrettanto disastrosi, che seminano morte in tutto il mondo. Rivolgo l’invito ad un momento di raccoglimento per le vocazioni al ministero ordinato. Non si tratta solo di una questione di numeri di preti, anche se questo aspetto riveste una sua importanza, ma vogliamo contagiare gli altri con la gioia e la pienezza di umanità che viene dal nostro essere preti, diaconi o vescovi. Un pensiero da condividere con i giovani che preghino per la loro vocazione».
L’Arcivescovo ha, inoltre, ricordato i preti in missione, quelli malati di Covid-19 o altre serie malattie e i più anziani ricoverati nelle case di riposo per il clero a cui mons. Delpini, per ragioni di protocolli sanitari, da due anni non può portare un saluto.